Partiamo da alcune definizioni “rubate” un po’ qui, un po’ lì in giro sul web:
“la selezione genetica genericamente indica una tecnica di miglioramento genetico attraverso una pressione selettiva artificiale che isola i migliori genotipi, nell'ambito di una popolazione, destinandoli alla riproduzione”
“Per miglioramento genetico si intende il processo di modifica del patrimonio genetico al fine di migliorare le caratteristiche utili all'uomo nelle specie coltivate o allevate. Tale processo è spesso avvenuto in modo inconsapevole ed empirico attraverso la scelta di fenotipi considerati migliori”
“Il miglioramento genetico alla portata dell’allevatore si attua modificando le frequenze alleliche delle popolazioni, cioè aumentando la frequenza dei geni favorevoli e diminuendo quella dei geni sfavorevoli.”
La selezione genetica, riassumendo, è un processo atto ad esaltare alcune caratteristiche predilette dall’allevatore all’interno di una data popolazione.
Sovente, nella mia breve vita ornitologica, mi è capitato, girando per allevamenti locali, o su internet, di discutere coi miei colleghi più o meno giovani del significato di questa parola. Alcuni miei interlocutori, si riferivano alla selezione in termini di fenotipo escludendo categoricamente che fosse possibile parlare di altri tipi di selezione. Tuttavia tale concetto, semplicemente osservando le citazioni riportate nelle prime righe, è ben più ampio e generale… non necessariamente bisogna riferirsi a caratteristiche fenotipiche, basta pensare a quello che si è fatto nel passato con il genere “Bos Taurus” (bovini da carne, da latte, da lavoro…), solo per citare un esempio.
A mio modesto avviso, calando il tutto nella realtà del moderno allevatore di cardellini, selezionare dovrebbe significare, partire da una popolazione piuttosto eterogenea (immaginiamo un novizio che acquista le sue prime 5-6 coppie, magari in diversi allevamenti), scegliere alcune caratteristiche fenotipiche, caratteriali, vocali, che egli gradisce/osserva tra i suoi soggetti (e che dovrebbero rappresentare il motivo per cui li ha acquistati), e provare, attraverso la riproduzione, a fissare tali caratteristiche in quello che è il proprio “ceppo”.
Mentre negli anni precedenti, infatti, (esperienza che io fortunatamente non ho vissuto grazie al lavoro dei miei predecessori) il problema era acquistare e tenere in vita i cardellini (soprattutto i mutati), oggi come oggi, vuoi per la disponibilità sempre crescente di soggetti domestici, vuoi per il grande lavoro di divulgazione di forum, club di specializzazione, riprodurre un cardellino in gabbia è diventato più semplice, più accessibile, alla portata di qualunque appassionato.
Ma la maggiore produzione numerica di soggetti di allevamento, non è stata per il momento accompagnata da una adeguata qualità fenotipica; ed il fatto che, ancora oggi, ci sono problemi per la definizione di uno standard dell’agata (nonostante sia una mutazione allevata ormai da alcuni lustri) ne è, per esempio, un segnale lampante!
Proprio a proposito della selezione del colore, vista la grandissima varietà di mutazioni apparse e fissate recentemente nel cardellino che vengono, invece, già da decenni selezionate nel canarino di colore, si potrebbero prendere, come riferimento iniziale, tecniche e metodologie consolidate in canaricoltura.
Ma allarghiamo i nostri orizzonti, non parliamo solo di fenotipo! Anche in termini di robustezza, cosa abbiamo ottenuto finora? Poco…
Uno dei motivi, soprattutto per i cardellini di sottospecie nostrana, è che questi sono ancora troppo vicini ai selvatici, ragion per cui sono poco confidenti con l’uomo e troppo vulnerabili agli attacchi di alcuni patogeni “di gabbia”; è palese, infatti, che i cardellini allo stato selvatico avranno un sistema immunitario eccellente, ma sviluppatosi per resistere a sollecitazioni completamente diverse e che, in gabbia, è totalmente inadeguato. In questo caso sarà il tempo a “domesticarli”, ma anche a noi spetta fare qualcosa!
Molto è collegato, a mio avviso, al prezzo ancora troppo alto dei cardellini! Mi spiego meglio, per carità, non auspico assolutamente (e lo ritengo abbastanza inverosimile) una caduta dei prezzi ai livelli dei canarini, ma quanti sono disposti ad acquistare soggetti e pagare lo scotto della “selezione naturale”? Quanti, pur perdendo soldi, perché di questo parliamo, accetterebbero di lasciar morire in prima muta la metà dei novelli? Quanti, alla vista di un puntino nero su un piccolo nato si interrogano sul motivo per cui è apparso anziché ricorrere ai medicamenti riparatori?
D’altronde, per di più, il prezzo alto dei cardellini “attira” tra noi appassionati anche tipologie di allevatori diversi, più interessati al profitto ed ai numeri, che al miglioramento della razza e che, per la loro “mission”, non possono accettare il mio discorso precedente…
Al fine di creare ceppi con certe caratteristiche, scelte dall’allevatore stesso in base a ciò che più lo aggrada, mi viene in mente una fantasiosa soluzione: anche qui si potrebbe pensare di carpire alla canaricoltura l’iter, il patrimonio di conoscenze, di metodologie, che hanno comportato la nascita dell’attuale canarino domestico e delle sue razze. E’vero, infatti, che alcune razze di canarini sono più rustiche di altre, altre esprimono meglio il canto, altre ancora meglio il colore… E perché non partire da questa esperienza pregressa per direzionare il nostro lavoro in allevamento evitando gli errori passati; il tutto con la fortuna di poter verificare, facendo alcune similitudini, già da ora, nell’immediato, quale sarà il risultato?
Basta pensare ai canarini timbrado, soggetti da canto che presentano una notevole rusticità, ma peccano nel colore o agli stessi canarini di colore che sfoggiano una livrea eccezionale e sono anch’essi molto rustici, ma hanno un canto vario e poco standardizzato… addirittura si potrebbe ipotizzare una combinazione dei vari percorsi che sono stati solitamente indipendenti nella storia per ottenere delle caratteristiche multiple, dei timbrado di colore!
Non ci resta che rimboccarci le maniche, i veri ornicultori appassionati non avranno timore di percorrere una strada che, per quanto irta ed insidiosa, li porterà ad ottenere "il vero cardellino domestico"...
PASSIONE CARDELLINO
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18 dicembre 2009
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